I PRODOTTI


  ZAFFERANO IL COLORE DELLA FELICITA'

Il particolare colore giallo dorato dello zafferano ha colpito molto la fantasia dei nostri antenati, infatti già agli albori della storia c’è tutto un frusciare di vesti e di veli tinti di zafferano, una varietà infinita di cosmetici e numerosi rimedi medicinali realizzati con il prezioso fiore.

Lo zafferano ha donato il suo colore giallo agli abiti regali o sacri di ogni tempo e luogo, dalle toghe degli antichi egizi all’abito del Dalai Lama, dai tappeti persiani ai tessuti del Kashmir, dalle calzature dei re di Babilonia alle bende con cui erano avvolte le mummie egiziane. Le spose dell’antica Roma portavano dei veli tinti con lo zafferano, le nobili dame del medioevo indossavano sotto i loro abiti nuziali una tunica di seta tinta con lo zafferano, tutto ciò, forse, ha a che fare con le proprietà afrodisiache dello zafferano?

Inoltre bagni, unguenti, oli per massaggi e bellettti erano noti presso i popoli dell’antichità come Egiziani, Greci, Romani, Cinesi e Indiani che usavano tale preziosa spezia per abbellire e rendere più desiderabili i loro corpi. Cleopatra, regina dell’antico Egitto, lo usava per dare un colore dorato alla sua pelle.

Oggi lo zafferano viene ancora impiegato, in occidente, nell’arte profumiera e grazie al ritorno di interesse per le creme naturali, il suo uso si estende anche alla produzione di creme, oli profumati e cosmetici in genere.

Il sole è fonte di vita luce, calore e dunque il colore giallo, e con esso lo zafferano, sono sinonimi di benessere, vitalità, bellezza, abbondanza, salute, gioia e luce. Oggi nei paesi d’oriente ancora si usa regalare lo zafferano per augurare una vita lunga, prospera e felice.

  Zafferano di L'Aquila

"Zafferano dell'Aquila". Così si chiama, da più di seicento anni, la spezia-droga che si ottiene dalla raccolta e dall'essiccazione degli stimmi (o pistilli) del fiore del "Crocus Sativus" nell'Abruzzo aquilano ed in particolare nella piana di Navelli dove lo zafferano ha trovato la sua ideale dimora

Con il regolamento n. 205/2005 lo Zafferano dell’Aquila è stato iscritto definitivamente nell’Albo comunitario delle denominazioni di origine tutelate dall'Unione Europea nei confronti delle falsificazioni. Tale iscrizione è stata pubblicata con il Provvedimento del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del primo marzo 2005.

Per lo zafferano dell'Aquila, celebre nel mondo per la sua qualità eccelsa, si tratta di una importante protezione per evitare mistificazioni e confusioni, come quella con lo "zafferanone", ossia polvere a basso costo proveniente dall'Egitto e dalla Tunisia e ricavata da un cardo selvatico, che ha solo il colore in comune con il prezioso oro rosso dell’Aquila.

Lo zafferano dell'Aquila lo vendiamo in stimmi integri posto in vasetti di vetro a totale ulteriore garanzia di genuinità ed autenticità.

 

  La storia

Il croco è una pianta erbacea originaria del Medio Oriente, diffusa già intorno all'anno 1000 in Sicilia e probabilmente portata in queste zone dalla Spagna nel XII secolo da un frate domenicano.

Si diffuse quindi nella penisola, ma solo nell'Abruzzo aquilano prosperò e sopravvisse fino ad oggi giocando un peso fondamentale nei secoli a venire per l'intera economia dell'aquilano.

A soli pochi anni dalla sua fondazione l'Aquila era già fiorente perché, accanto all'allevamento ovino e la produzione di lana pregiata, aveva nello zafferano "il perno migliore su cui far ruotare la propria economia" (Il purissimo zafferano dell'Aquila - Luigi Marra - Edizioni Libreria Colacchi - L'Aquila).

Con una semplice imposta sui suoi commerci la comunità aquilana riuscì a trovare i danari per edificare uno dei primi grandi ospedali pubblici (1445) e l'imponente Basilica di San Bernardino da Siena.

Ci sono documenti che testimoniano il passaggio, nel 1395, di quasi settanta chili di zafferano tra un mercante aquilano ed una ditta veneziana (la quasi totalità dell'attuale produzione).

Nel XVI secolo, sotto la dominazione spagnola, iniziò il declino per i balzelli sempre maggiori imposti soprattutto sullo zafferano, fino alla nuova ripresa sotto il regno di Napoli e i Borboni ed un massimo storico di 45 quintali prodotti nel 1830. Nel 1975 il punto più basso: 20 chili appena ed una lenta ripresa, fino ai nostri giorni, soprattutto per la riscoperta gastronomica e l'utilizzo alimentare.

di Roberto De Viti

  Come si usa lo zafferano in cucina?

Dal punto di vista gastronomico è molto legato al risotto giallo, ma in realtà può essere utilizzato anche per le carni bianche, nei dolci, soprattutto a base di ricotta, e nella pastafrolla.

Può essere impiegato anche per primi piatti con verdure di stagione. Tra le principali ricette, comunque c'è il Risotto allo zafferano, detto anche "alla milanese" ma senza il midollo di bue; i Tagliolini alle verdure dell'orto e zafferano dell'Aquila; le Costatine d'agnello alla saffrana.

Istruzioni per l'uso...
Quando si utilizza lo zafferano dell'Aquila in fili occorre prima farlo "rinvenire" in una ciotola di brodo o di acqua di cottura. In alternativa (o in aggiunta) potete utilizzare, a cottura praticamente ultimata, quello "macinato" in bustina".

Gaetano La Mantia

  NON SOLO IN CUCINA

La droga-spezia che si ricava dal fiore del croco è conosciuta e utilizzata da millenni.

Gli antichi egizi lo usavano come colorante e aromatizzante o per preparare droghe medicamentose, i greci ne facevano profumi, fenici e persiani lo consideravano un rimedio per l'infertilità, i romani dormivano su cuscini di zafferano per conciliare il sonno e nel Medioevo si imbottivano materassi per provocare l'ilarità.

Gli stimmi del fiore contengono un olio volatile, aromatico, associato ad un glucoside amaro, ad alto potere colorante: la Crocina.

Oltre al diffusissimo uso nell'arte tessile, soprattutto tra Medioevo e Rinascimento, è impiegato come colorante nei prodotti alimentari e cosmetici ma non è da sottovalutare l'utilizzo farmaceutico e medicamentoso: per uso esterno - come sollievo per gengive irritate e dolenti soprattutto nei i bambini in fase di dentizione o applicato in preparazioni per ecchimosi e scottature - e per via orale, facendo bollire gli stimmi in acqua - come espettorante per tosse bronchiale - o addirittura (un rimedio antichissimo come una superstizione) per combattere l'impotenza e la frigidità o nei cicli molto dolorosi.

Roberto De Viti - Giornalista enogastonomico


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